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mercoledì 27 aprile 2011

28 Aprile - SA DIE DE SA SARDIGNA

SA DIE DE SA SARDIGNA
28 Abrile
Una die da no ismentigare

locandina_Una die de no ismentigareSu 28 de Abrile 1794 poi chi su Re aiat negadu sas richiestas de sos sardos, sos de Casteddu e sos de atteras biddas de Sardigna, impresonaiant su viceRe e tottu sos piemontesos cazzendhechelos dai su territoriu sardu.

Giovedì 28 aprile, alle ore 18.00, presso il centro sociale in via Pietro Salis (carrela Lodè), a Ploaghe (SS), si terrà un incontro-dibattito per celebrare e ricordare "Sa Die de sa Sardigna", una die da no ismentigare.

Presentat:
Professor Salvatore Patatu
Faeddant:
Professor Diego Corraine
Ing. Bustianu Cumpostu
Cantzone:
Su coro de piaghe

Si legent sas poesias de sos pizinnos de iscola.
Professor Tore Patatu faeddat de Poesia, Musica e Cantu sardu.
Professor Diego Corraine sighit cun sa Limba Sarda et Bustianu Cumpostu finit cun istoria e attualidade.
Cantana sos de "Su coro de piaghe".

Si ringraziada:
Su Dirigente et sos insegnantes de s'iscola de Piaghe
Su Cumitadu de su Cantu Sardu "A. Desole"



Sa die de sa Sardigna, il Giorno della Sardegna in limba, è la festa del popolo sardo. Riconosciuta dal Consiglio Regionale il 14 settembre 1993, vuole ricordare i "Vespri Sardi", l'insurrezione del 28 aprile 1794 che costrinse alla fuga da Cagliari il viceré Balbiano, in seguito al rifiuto del governo torinese di soddisfare le richieste dell'allora Regno di Sardegna per il riconoscimento dei diritti di cui i sardi avevano goduto per secoli, le leggi fondamentali del Regno, per riservare ai Sardi le cariche pubbliche, un Consiglio di Stato a Cagliari, vicino alla sede del Viceré e l'istituzione a Torino di un Ministero per gli affari della Sardegna.

Testo della legge
LEGGE REGIONALE 14 settembre 1993, n.44
ISTITUZIONE DELLA GIORNATA DEL POPOLO SARDO
"Sa Die de sa Sardigna"
Art.1
1. Il 28 aprile è dichiarata giornata del popolo sardo "Sa Die de sa Sardigna"
2. In occasione della ricorrenza, la Regione Autonoma della Sardegna organizza manifestazioni ed iniziative culturali.
3. A tal fine la Giunta regionale approva annualmente, sentita la competente Commissione consiliare, uno specifico programma, predisposto dall'Assessore della pubblica istruzione anche sulla base delle iniziative indicate dagli enti locali ed associazioni senza scopo di lucro.
4. Detto programma deve mirare a sviluppare la conoscenza della storia e dei valori dell'autonomia, in particolare tra le nuove generazioni.

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera: http://it.wikipedia.org/wiki/Sa_die_de_sa_Sardigna


Moti rivoluzionari sardi
I moti rivoluzionari sardi noti anche come i vespri sardi, furono una ribellione all'autorità piemontese avvenuta in Sardegna nel 1794.

Storia
Cause scatenanti

Dopo che i francesi cercarono di invadere la Sardegna e che i sardi riuscirono coraggiosamente a scacciare gli invasori Re Vittorio Amedeo III volle premiare i sudditi che gli avevano salvato il trono.
Nelle ricompense però vennero favoriti i piemontesi e non i sardi che invece avevano veramente combattuto. Le ricompense per i sardi furono:
- 24 doti da 60 scudi da distribuire ogni anno alle zitelle povere
- La fondazione di 4 posti gratuiti per il Collegio dei Nobili di Cagliari
- La concessione di 2 posti del Collegio dei Nobili di Torino
- La concessione di 1000 scudi all'anno per l'Ospedale civile di Cagliari
- L'amnistia per tutti i crimini commessi prima della guerra
Offesi i sardi convocarono gli stamenti (ecclesiastico, militare e reale) e stilarono delle richieste divise in 5 punti da inviare al Re. Le richieste erano:
- Convocazione delle corti generali per trattare sopra tutti gli oggetti di pubblico bene.
- La conferma di tutte le leggi, consuetudini e privilegi anche di quelli che non sono in uso.
- La privativa degli impieghi per i sardi.
- L'istituzione di un Consiglio di Stato che dovesse essere consultato in tutti gli affari che prima dipendevano dall'arbitrio di un solo segretario.
- Un ministro distinto in Torino per gli Affari della Sardegna.
Il 17 agosto 1793 partì una delegazione composta da 6 persone provenienti da tutti e tre gli stamenti: dallo stamento ecclesiastico Monsignor Aymerich ed il canonico Piero Maria Sisternes, dallo stamento militare gli avvocati Girolamo Pitzolo e Domenico Simon e dallo stamento reale gli avvocati Maria Ramasso e Antonio Sircana.
I delegati arrivarono a Torino i primi di Settembre ma furono preceduti dai messaggi del Viceré Vincenzo Balbiano in cui consigliava al re di rifiutare le richieste dei sardi e di cercare di corrompere i membri della delegazione.
La delegazione fu fatta attendere 3 mesi prima di essere ricevuta dal re che nel frattempo aveva ordinato che a Cagliari cessassero le riunioni degli Stamenti.
Mentre a Cagliari il malcontento aumentava la media borghesia preparava la sommossa e nel nord dell'isola si erano scatenate le lotte antifeudali.
Girolamo Pitzolo scrisse una lettera agli avvocati Cabras e ai fratelli Pintor incitandoli a far scoppiare una ribellione e a cacciare il Viceré, perché pensava che se i piemontesi fossero stati allontanati le loro richieste sarebbero state accolte. Dai primi mesi del 1794 quindi si cominciò a preparare la ribellione.

La ribellione
Come data iniziale dei moti fu scelta quella del 4 maggio giorno del rientro della Sagra di Sant'Efisio. La risposta negativa da Torino alle richieste e la scoperta del Viceré dei piani della sommossa fecero però anticipare la ribellione alla notte tra il 28 e il 29 aprile.
Ma a seguito di un'altra soffiata fu aumentato il numero dei miliziani stanziati ai quartieri di Castello e della Marina.
Verso l'una, un gruppo di soldati da Castello si avviò a Stampace verso la casa dell'avvocato Vincenzo Cabras, per arrestarlo, con l'accusa di sedizione contro lo stato. Con lui per errore fu arrestato Bernardo Pintor, scambiato per il fratello Efisio. Mentre venivano condotti verso Castello Efisio Pintor e Vincenzo Cabras incitavano il popolo alla ribellione. Per tutta risposta un gruppo di popolani armati cercò di sfondare una delle porte di Castello, altri ribelli diedero fuoco alla porta di Sant'Agostino. Qui grazie ad una breccia riuscirono ad entrare a Castello e disarmarono i soldati messi a proteggere la porta. Nel frattempo le campane di Stampace di Marina e di Villanova suonavano e incitavano il resto degli abitanti alla ribellione.
Altri rivoltosi arrivarono a Castello e trovando la porta chiusa le diedero fuoco. I militari cercarono di far fuoco con i cannoni verso i ribelli ma questi riuscirono ad impossessarsi delle loro armi e puntarono i cannoni verso Castello stesso.
Altri popolani nel frattempo prendevano le porte della Torre dell'Elefante e della Torre del Leone con l'intento di arrestare il Viceré.
I soldati piemontesi si batterono con vigliaccheria, e una volta accerchiati si arresero e cercarono rifugio dentro il Palazzo Regio.
I rivoltosi riuscirono finalmente ad entrare nel Palazzo ma non trovarono il Viceré che si era rifugiato nel palazzo Arcivescovile, per cui entrarono anche nel palazzo arcivescovile dove catturarono il Viceré e le massime autorità piemontesi.
Il 7 maggio il Viceré e le autorità piemontesi furono imbarcati verso il continente.

La fine della ribellione
Dopo aver cacciato i Piemontesi l'intenzione dei nobili sardi era di creare un nuovo Stato sardo.
Ma gli attriti si ebbero nel scegliere la forma di governo. Giovanni Maria Angioy parteggiava per la repubblica malvista però dagli altri nobili sardi.
In seguito a queste discordie i nobili sardi si riappacificarono con la corte piemontese che mandò in Sardegna un nuovo Viceré.

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera: http://it.wikipedia.org/wiki/Moti_rivoluzionari_sardi

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