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mercoledì 11 novembre 2009

IL LEONE RUGGISCE ANCORA


Martedì 10 Novembre


L’Attore si muove lentamente sul palco, parla, sussurra, declama, ma con difficoltà. A volte inciampa. Si ferma, si schiarisce la voce, rallenta fino a quasi fermarsi. Ha bisogno di riprender fiato. Ma sono esitazioni “recitate”. Nasconde invece una potenza, sorprendente, modulata attraverso il mestiere,e lanciata verso di noi, verso il pubblico, che non è là, come nel classico “io qui e voi là” ma è con lui, trascinato dalla rinascita della parola, dell’arte e della poesia che lo fa rinvigorire, ringiovanire di decenni- E lui “si anima” a raccontare se stesso attraverso, Calvino, Dante, Shakespeare, Cavalcanti, Borges, Lucrezio, Baudelaire. E non si dimentica di citare l’arrivo del pianeta Nubiru ed il 2012, con un sorriso. E’ catastrofe? Con un teschio in mano parla al pubblico della morte, come un esperto di mille rinascite. Il suo karma è di essere stato, per sua ammissione negli anni cinquanta…un “Velino”. Ed ecco l’animale da palcoscenico, cita dal latino, significa dotato di un anima, riempe il teatro, dal palcoscenico le immagini arriva direttamente al cuore.. E’ l’arte che non invecchia ami. Nato 85 anni fa, ha una lunghissima carriera alle spalle. Ha scritto un’autobiografia, “””Un perdente di successo”””. Recita oggi i classici con rinnovato entusiasmo. Richiama un pubblico vasto, colto, attento, ipnotizzato, senza clamori o facili entusiasmi e riesce a dare il meglio di sé stesso in prima serata, nel mese di Novembre, recitando a braccio, senza un vero copione, senza neanche una scaletta. Ha solo dei gobbi. Non è “vecchio”, è grande, non è debole, è scarno, come l’essenziale.. Intorno a lui tutto gira come un valzer lento sull’mprovvisazione ma è giusto che sia così. Quandoo il sipario si apre..è vero, reale, la Lettera 22 con il suo suono tipico dei tasti pestati, inconfondibile, i capelli bianchi, rimane seduto alla scrivania, tra i fogli di carta ed i libri, lo schermo alle spalle, quasi come in una conferenza, due ragazze trentenni carine quanto ininfluenti che gli girano intorno, qualche nota di musica, qualche svolazzo manieristico, qualche inflessione vocale, addiirittura alla Carmelo Bene.
Ma non è questo il punto. Il punto è la leggerezza, e viene centrato in modo pressochè perfetto come una esecuzione magistrale.
Perché l’arte è così, ha il potere di rendere leggera la parte della vita che di per se stessa è pesante, la materia, che anima la vita. Un excursus del volo, eccelso, nella poesia degli uomini come Perseo, o Icaro. Il volo non è la piuma, è l’uccello, e noi siamo davanti ad un “Aquila” del Teatro Italiano che recita splendidamente due ore filate senza uno sbaffo, una imperfezione od una caduta, in modo preciso pressochè perfetto, il lirismo del canto e della leggerezza..

(Note astrologiche, Dal palcoscenico al Tema Natale : Giorgio Albertazzi, è un uomo di teatro, nato il 20 Agosto del 1923, a mezzogiorno, Leone Ascendente Scorpione (ovviamente, il segno dell’aquila solitaria) Giove all’Ascendente, con un forte Mercurio in Vergine opposto Urano, la precisione della memoria e della parola, uno stellium Sole Marte Nettuno Venere in Leone, il segno dello spettacolo e della natura, che lo rende istrionico, ironico, imprevedibile, raffinato e potente interprete di testi classici e moderni)

NOTA: La parola latina animal, indicava un essere provvisto di anima.
Animale, anche in italiano, sia come aggettivo che come sostantivo, indica chi è capace di vita, di funzioni quali la respirazione, il movimento autonomo, la nutrizione e la possibilità di procreare in età riproduttiva. Appartengono quindi al genere animale, tutti gli esseri viventi dotati delle primarie funzioni vitali e i cui organismi sono composti da cellule, compreso l’uomo. Il regno animale include ogni famiglia e razza di animali che popolano la terra, l’acqua e il cielo. Nella filosofia classica e medievale, i meccanismi vitali erano considerati comuni negli animali e negli uomini - come oggi è confermato dalla genetica - ma si riteneva che soltanto l’uomo avesse un’anima.
Nell’antichità esisteva una distinzione tra gli spiriti animali che garantivano il funzionamento del corpo, la sensibilità agli stimoli e riguardavano uomini e bestie, e l’anima razionale, o spirito: un dono questo che Dio aveva concesso soltanto all’umanità. Tale dono si esprimeva nell’intelligenza superiore dell’uomo e soprattutto nella sua possibilità di giungere a conoscere la via della salvezza eterna. Dopo la morte, liberato dalla sua parte animale e reso pura anima, l’uomo poteva incontrare Dio. E’ a questo concetto di anima che si connette l’uso attuale della parola: con anima ci si riferisce, infatti, alla parte immortale e divina dell’uomo, a tutto ciò che attiene alla sfera spirituale.
In questo senso l’animale, il bruto, schiavo degli istinti vitali e non educati dalla ragione, è opposto all’uomo: si parla allora di comportamento da animale riguardo a chi è incline all’azione fisica e violenta, e si definisce ‘bruto’ chi fa un uso feroce della forza. Il rapporto tra uomo e animale è antichissimo: da sempre, gli animali vengono utilizzati come cibo e fonte di materie prime, e come strumenti di lavoro. Nelle nostre moderne civiltà, il ruolo degli animali come compagni di vita dell’uomo ha assunto maggiore importanza, e ciò ha favorito il riconoscimento di una sostanziale affinità tra uomo e animale. Oggi si ritiene, infatti, che l’animale abbia una psicologia, una dignità, sentimenti e forme di pensiero su cui la scienza si interroga e dibatte, ed esistono movimenti animalisti che si occupano dei diritti degli animali. Degli animali si ammirano la grazia e la spontaneità, ma se ne temono la forza incontrollata e il loro essere irragionevoli. Come nel caso del mulo. Questo atteggiamento ambivalente si rispecchia nell’uso di dare dell’animale a chi eccelle in un determinato mestiere per doti naturali più che per studio e riflessione: così si può chiamare animale da palcoscenico un attore di grande talento istintivo.

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